venerdì 31 agosto 2018

Stai facendo abbastanza per la NATURA?

In quanti meravigliosi modi ci hanno fatti sentire in colpa, da quando siamo al mondo? Voi vi siete mai messi a contarli? Iniziano subito, mondandoci dal peccato originale con un bel bagno in un'acquasantiera. Perché siamo già colpevoli, da appena nati, e serve qualcuno che ci perdoni. Lo stesso qualcuno che poi, si suppone, si offrirà di farlo per tutta la vita tramite la confessione dietro un "modesto" pagamento da parte della collettività.
Trascurando le colpe utili all'apprendimento del vivere civile che ci inculcano i nostri genitori (che comunque non ci meriteremmo poiché non lo abbiamo deciso noi di venire al mondo), anche dopo la società trova un sacco di coloriti modi per farci sentire in colpa. Mi ricordo di un gustoso servizio del TG, qualche anno fa, in cui un tizio diceva che i chewing gum sputati per terra resistono lì per decadi, non si biodegradano e inquinano... quindi il Comune di Salcazzo sull'Arno aveva assunto dieci disgraziati per grattarle via dai marciapiedi.
Cioè: una gomma appiccicata a un blocco di cemento è inquinamento. Mica il cemento gettato sopra a quella che una volta era foresta, no: la tua gomma da masticare. Hai buttato la cicca per strada, sull'asfalto? Stai inquinando l'asfalto, che non riesce a riprodursi e si estinguerà per colpa della tua cicca. Qui una volta era tutto conglomerato bitumato, signora mia...
Non stai facendo la differenziata? Ma non lo sai che le balene se non fai la differenziata crepano tra atroci sofferenze? Ed è dimostrato che le balene hanno un'anima proprio come quella dei bambini. Se non fai la differenziata stai praticamente assassinando dei bambini.
L'azienda che mette lo yogurt in tre (3) imballaggi diversi fatti di plastica, alluminio e cartone no, loro sono candidi come il culo d'una suora di clausura... ma TU DEVI FARE LA DIFFERENZIATA, CHIARO? Se sbagli il colore del sacchetto o a metterla fuori di giovedì anziché di venerdì, sono fino a 620 euro di multa (ad esempio se non pieghi bene il cartone).
620 euro che andranno a sanare l'inquinamento degli oceani, voglio sperare... o che serviranno per assoldare un assassino che faccia fuori quello che progetta bottiglie di latte di plastica monouso. Perché se il Sindaco ci fa l'ennesima rotatoria di cemento, allora compro seicentoventi confezioni di Big Babol da un euro e gliele sputo tutte una sull'altra sul primo gradino di casa.

Vi parlo da una posizione di tutto rispetto, sia chiaro: negli anni ho speso decine di migliaia di euro in fotovoltaico, solare termico, boiler ultra ecologici alimentati a coccole di gattino, filtri per bere l'acqua del rubinetto senza comprarla nella plastica e gite di un chilometro a piedi sull'Aurelia ogni settimana per gettare la differenziata, ma proprio per questo a volte mi domando se possiamo continuare a ignorare il fatto che se sette miliardi di persone in questo preciso momento piegassero male il cartone il mondo non cambierebbe di una virgola, mentre al giorno circa 30 milioni di persone prendono uno dei 200.000 voli aerei che generano 600 milioni di tonnellate di CO2 all'anno.
Sfido il Sindaco di Salcazzo ad assumere qualcuno che gratti via quella dalla troposfera e multare le compagnie aeree che la producono, POI parleremo del colore dei sacchetti della differenziata.
Fino a quel momento, scusate, ma la multa no. Non la accetto.



La GUERRA TOTALE di Barcellona al chewing gum gettato per strada, 2009

Note: - la sanzione dei Comuni si estende anche a coloro che frugano nei rifiuti, con l'intento di rubarli. Cioè, se qualcuno decidesse di riutilizzare qualcosa che hai buttato via e magari evitare di comprare altre puttanate di plastica, il prode Sindaco gli fa una multa. Sia mai che in questo delirio totale di consumismo compulsivo si svegli qualche neurone.
- i chewing gum e le cicche per strada danno fastidio anche a me, sia chiaro. Ma smettiamola di chiamarle inquinamento, per piacere: quella che calpestiamo per strada non è la NATURA: è un enorme cumulo di sostanze altamente inquinanti messe lì dall'uomo per stare più comodo che sugli alberi (quasi citando Louis CK).

giovedì 30 agosto 2018

La fenomenologia del carrello virtuale.

Siamo diventati quelli che prima di scendere al negozio sotto casa, a Torino, inviano una mail a un negozio analogo di Crotone per capire se c'è da risparmiare qualcosa. Mica perché è risaputo che quello di Crotone è più onesto di quello di Torino, figurati. Solo perché l'egida di Internet è diventata un marchio di affidabilità: se l'hai trovato su Internet è sicuramente più affidabile di uno stronzo che da vent'anni paga l'affitto e le tasse nel tuo Comune. Che sia perché, in fondo in fondo, nel tuo Comune non sopporti quasi nessuno? Può darsi.
Mi capitava continuamente gente di Napoli, Torino, Catania che mi inviava richieste assurde, quando trattavo su siti e mercatini online; poi vi spiego perché ho smesso e come mai adesso sto meglio (almeno psicologicamente, ma come vedremo anche economicamente).
Un poggiapiedi da 9 euro e 90, cinese, composto sostanzialmente da un piano in alluminio e due asticelle a X regolabili in altezza (tipo asse da stiro), che serve agli studenti di chitarra classica per sollevare la gamba sinistra sulla quale appoggiare la chitarra. Mail del 30 agosto 2013, che compie giusto oggi 5 anni:

Ciao, sono interessato. Volevo sapere il peso, le dimensioni del piano e l 'altezza max da terra... puoi farmi anche una foto da chiuso?

Composizione molecolare e coefficiente di induttanza no? Un bel video in HD dove mostro, al rallenty, come ci si appoggia sopra il piede?

Ora, volli pensare che il negozio sotto casa sua appartenesse alla cosca Piromalli e il gesto di andare su internet a scovare un negozio a 400 km fosse dovuto a una ragionata e consapevole volontà di non dare soldi alla malavita, perché altrimenti significa (ad essere buoni) non capire un cazzo. Quanto mai sarà potuto costare un poggiapiedi, sotto casa sua? Mi son fatto questa domanda e, avendo del tempo libero, ho cercato una risposta attraverso lo stesso mezzo usato dal geniaccio: ho cercato online un negozio della sua città e ho scoperto che ce ne sono tre. Uno lo conoscevo pure, ci avevo preso della merce anni prima per un cliente. Cercai l'articolo nel loro e-commerce, due lo avevano... quello che lo faceva più caro lo metteva 10,50 €, l'altro addirittura 8,90. Meno di me.

Ora, mi son detto: a parte che se avessi voluto mandarglielo io avrei dovuto calcolare almeno 4 o 5 euro di spese di spedizione, ma il disagio umano di andare a cercare un oggetto del genere in giro per la rete deve nascondere qualcosa di più losco... sapevo non si trattasse di uno scherzo perché di mail così (anche per oggetti da due euro) ne ricevevo almeno uno al giorno da anni. No, dietro ci doveva essere qualcosa di personale, relativo al rapporto interpersonale tra il nostro eroe e i negozianti della sua città: era un ladro, già beccato a rubare in tutti e tre gli esercizi? Era un noto rompicoglioni, già sbattuto fuori a calci più volte? Mi pare strano... ma anche fosse, mandaci un amico! Non hai amici? Allora non ti serve un poggiapiedi, ti serve del cianuro.

In qualsiasi caso, temo si tratti di quella tipologia di personaggi che acquista tutto su internet, compulsivamente, e poi quando chiudono gli esercizi del suo paese ci rimane anche male. Quindi risposi qualcosa tipo "può andare a vederlo di persona in uno dei tre negozi della sua zona, abbiamo già verificato che sono disponibili qui e qui".
Prego eh, il servizio è gentilmente offerto dalla ditta.

Comunque sono ormai quasi quattro anni che ho smesso con gli "affari" su internet e con le tonnellate di mail come questa, che di solito proseguivano con "mi includi la spedizione nel prezzo, vero?", principalmente perché sono cose che la gente, di persona al bancone, non chiede. Si vergogna, ha un minimo d'amor proprio e può chiaramente leggere nel volto di chi sta di qua dal bancone il disappunto, la pena, lo sprezzo per richieste indecenti. Un'altra cartina tornasole del fatto che su Internet siamo tutti più brutti e patetici che nella vita reale.
In secondo luogo, ho smesso con l'internet commerce perché costa un sacco di soldi e tempo: spazi nei siti di vendita (svariate migliaia di euro all'anno), sconti sulla merce per allinearsi ai più furbetti e ai megastore con una riduzione del margine che rasenta la totalità dei guadagni, ore e ore passate a aggiornare tutto, rispondere a tutti, fare foto a oggetti da sotto, dall'alto, da dentro (alla Robert Rodriguez) per accontentare le più assurde parafilie sessuali degli utenti, corrieri che ti perdono/devastano la merce, mesi per i rimborsi che invece tu devi sborsare immediatamente, resi merce per cambio idea (lo si può fare, lo sapevate? Se acquistate su internet avete una settimana per "ripensarci").

No no. Voglio morire di vecchiaia, non di esplosione del fegato. Povero, magari, ma coi coglioni quanto più intatti possibile.

Un tipico servizio fotografico richiesto dal cliente medio di internet. Alcune immagini potrebbero urtare la sensibilità di gente con un Q.I. superiore a 60, aut. min. rich.

mercoledì 29 agosto 2018

Entropia e Sintropia.


Il tempo non è quasi mai un alleato dell'uomo.
Il tempo logora ciò che l'uomo ha costruito con fatica, seguendo quel naturale processo detto Entropia¹ : il processo naturale vuole infatti che l'ordine degradi più o meno lentamente verso il disordine. L' inverso in natura non accade: da un cumulo di macerie non si formerà un castello. Neppure aspettando mille anni.
Perché questo accada, ovvero perché si vada verso la Sintropia, occorre introdurre un fattore esterno, una forma di energia che annulli e inverta la tendenza al disordine: un lavoro.
Fin qui, chiunque abbia familiarità con la fisica "popolare" di base dirà che non c'è niente di nuovo. Il fatto è che questa introduzione di energia, di lavoro, non deve limitarsi al singolo momento in cui si decide di creare ordine dal caos: deve protrarsi nel tempo. E qui, ancora una volta, il tempo non è un alleato dell'uomo. Le generazioni, che hanno una durata relativamente breve, si susseguono dimenticando di apportare lavoro, prediligendo altre attività (magari più remunerative, fresche, innovative, che rispondono a logiche politiche diverse) e lasciando che l'entropia aumenti nei sistemi più datati. Si potrebbe quasi dire che è fisiologico, ma intanto il tempo e la natura si riprendono ciò che l'uomo ha faticosamente loro strappato.
Lo fanno in due modi, sostanzialmente, a seconda del rapporto fra i due elementi: uno violento e immediato contro il quale si può solo fare un po' di prevenzione (frane, terremoti, smottamenti, alluvioni, esondazioni) e uno più lento ma sistematico, che va considerato in fase progettuale e che richiede apporto di lavoro nel tempo (ossidazione, corrosione, sbriciolamento, erosione).
Non è finita: più ci si protrae in avanti nel tempo e più energia bisognerà spendere per frenare l'aumento di entropia finché, a un certo punto, il bilancio tra benefici e costi sarà in negativo.

Si dice che l'uomo viva troppo poco per poter comprendere l'effetto reale delle sue azioni e questo non è mai vero quanto lo è quando si tratta di grandi opere. Un uomo che progetti e realizzi un'opera destinata a durare mille anni ma che franerà dopo 100, non potrà certo essere incolpato di aver disatteso le aspettative, giacché sarà morto quando avverrà il crollo. Eppure la sua opera ha disatteso il 90% delle aspettative e si può quasi certamente affermare che abbia fatto un lavoro a cazzo di cane.
Ma quale testa chiediamo?
Perché quando viene giù un cavalcavia, un palazzo, un condominio che avrebbero dovuto durare ancora per secoli, chi ci resta sotto reclama giustizia. Vuole veder rotolare qualche testa, mi pare anche normale. Solo che il costruttore è morto, i progettisti pure, l'opera è passata di mano venti volte e tutti e venti quelli che l'hanno avuta in gestione giurano di aver fatto tutto il possibile per evitare che si sbriciolasse ma che era stata costruita con materiali ormai sorpassati, obsoleti, di scarsa qualità...

Qual è la soluzione? Opere decennali? Ventennali? Ponti di LEGO™ che ogni decade si smontano e si riparte dal set di mattoncini per comporne uno nuovo? Sarebbe una manna per il PIL: duemila mattoncini di LEGO™ giganti e due gru, un bando tra progettisti (proprio come fa l'azienda danese) e ogni decennio un ponte nuovo. Se crolla, il progettista è probabilmente ancora vivo e lo si può impiccare al pilone 7, a monito.
(A dire la verità, c'è un ingegnere italiano che ci ha già pensato due anni prima di me².)

O, più probabilmente, un bagno d'umiltà e molta meno spavalderia nel costruire opere che oggi sembrano ultramoderne e geniali ma che già tra pochi anni potrebbero rivelarsi obsolete e mal concepite. Pensate al ponte Morandi: capolavoro ingegneristico nel '67, ma già nei primi anni '70 considerato obsoleto, fatiscente, mal progettato (gli stralli in cemento, in particolare, di elasticità pressoché nulla rispetto a quelli in acciaio) e di scarsa portata. Ultimamente (2009) si era detto che il costo per la manutenzione aveva già superato i costi di realizzazione di una struttura nuova, quindi avevamo già raggiunto il punto in cui l'Entropia e il Tempo avevano vinto sull'uomo. Dopo quel punto è accanimento terapeutico.

L'ingegneria è una materia molto complessa e con la quale non mi misuro, non ne ho le competenze (al massimo posso prendermela con qualche designer, avendo un diploma in quel campo), ma l'aspetto umano quello possiamo provare a qualificarlo: dovremmo capire che siamo esseri effimeri e che il tempo ci è nemico in tutto. Quella che per noi è una vita, nell'economia del progresso scientifico e (allargando il campo) della storia dell'Uomo è una scorreggina nel vento. Come può quindi un uomo progettare un'opera che gli sopravviva?
Iniziando intanto a sostituire le priorità, sacrificando i benefici immediati per quelli a lungo termine. Un viadotto meno gargantuesco non snellirà il traffico tanto quanto vorremmo, ma sarà più gestibile negli anni per chi ci soppravvive. Costruirlo due chilometri più a valle invece che in mezzo alle abitazioni non sarà praticissimo per chi deve raggiungerlo più volte al giorno, ma magari abbatterà drasticamente il rischio di morti in caso di crollo.

Insomma, sono certo che oggi non esista ingegnere al mondo che non tenga conto di tutto questo, ma fin quando si mirerà alla grandezza, temo che otterremo anche grandi e proporzionate disgrazie.
 



La copertina della Domenica del Corriere, all'alba della progettazione del ponte Morandi, 1964



NOTE:
1- dovete passarmi l'accezione popolare del termine, anche se la correlazione tra l'Entropia (termodinamica) e il disordine è oggetto di discussione: si pensa infatti che ciò che apparentemente è degrado e caos in realtà non sia altro che la tendenza dei sistemi isolati ad assumere forme più "probabili". Resta il fatto che l'opera dell'Uomo non è quasi mai una forma "probabile" dal punto di vista della natura.
2- si tratta del progetto Speedybricks, dell'ingegnere italiano Flavio Lanese: link.

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Aggiornamento 8-9-2018: Renzo Piano annuncia un nuovo ponte per Genova che "Durerà mille anni". Lui ne ha 80. Già. Già.

martedì 28 agosto 2018

Newton e il serpente tentatore.

Il mondo come lo abbiamo conosciuto noi che siamo vivi oggi è un enorme calderone di concetti a compartimenti stagni, insolubili e granitici.
Oddio, sta per arrivare uno di quei pipponi sulla psicologia dei paradossi, la negazione, l'ipocrisia..
Ma figurati, e chi ce l'ha una laurea in psicologia. Ma comunque, sì: arriva il pippone.

Possibile che convivano nel medesimo tempo e nella medesima epoca concetti come il Big Bang e il Creazionismo (N.B.: perfino il correttore automatico sa benissimo quale delle due locuzioni è un errore)? Come la Relatività e la Genesi di Adamo? Come la termodinamica e l'arca di Noè?
Possibilissimo. Ma questo lo sappiamo, cari fanciulli miei... che diavolo di blog sarebbe questo se si limitasse a considerazioni tanto inflazionate? C'è un tizio, in America, che sfrutta la fisica dei razzi a propulsione per vincere la gravità e cercare di lanciarsi nella stratosfera per dimostrare che la Terra è piatta... ci ha già pensato lui a chiarire che gli ossimori possono quantificarsi, anche fisicamente.

No, dobbiamo scavare di almeno un altro livello per intuire il grado di disastro in cui versa la nostra condizione. Dobbiamo prendere uno di questi compartimenti stagni, tipo la Religione (uno a caso), e sezionarlo... Renderci conto che anche quel comparto è a sua volta un recipiente di altri compartimenti stagni.
Ci sono quelli che dicono di essere cattolici, ok? Le chiese ne sono piene, quando c'è messa. E i bambini? Vorrai battezzarli nel Cristo, no? Metti che domani arriva il Giudizio Universale e tuo figlio non è stato mondato dal peccato originale, commesso da un tizio e una tizia tanto tempo fa in un giardino immaginario, istigati da un pitone. Come si fa, vanno battezzati.
Ok, ci son questi qui, dicevo, che giusto domenica hanno assistito a un discorso del loro massimo capo spirituale che ha detto loro una cosa molto bella, che perfino un gretto mangiapreti senza Dio come me trova sacrosanta: i più deboli vanno aiutati, è un DOVERE. Specie per i cristiani.
Ma, come se non bastasse, anche i Vescovi hanno reagito di conseguenza lanciando un'invettiva (sì, vabbè, chiamiamola tiratina d'orecchi) sulla vicenda Diciotti, fino addirittura a risolvere l'impasse e prendersi in carico parte dei rifugiati.
E, voglio dire, ci sarà anche qualche prete di provincia che durante una messa avrà detto che chi non ha nulla ed è scappato dalla propria casa sfuggendo a morte e persecuzione ha diritto a un minimo di pietà umana.
Quindi, in pratica tutta la catena di comando del Cattolicesimo è concorde sul dovere morale di aiutarli ed accoglierli, tranne gli ultimi... I soldati semplici, quelli senza galloni (ma con la bandierina accanto al nome) che dicono di volere il crocifisso nelle aule e nei porti. Loro la catena di comando la scavalcano, prendono ordini solo da Dio in persona, che adesso parla per bocca del Ministro dell'Interno.

Risparmiamoci tutto il carrozzone, allora: si stima che ci costi sul miliardo all'anno... Investiamo il Ministero dell'Interno anche dell'incarico di Ministero della Fede e via. Via le chiese, via lo Stato Vaticano, via i conventi: sportelli informativi ad elevata automazione. Infili tre euro e ti levano anche il malocchio.
E poi basta con questa storia dell'essere buoni con chi ha meno di noi... dopotutto, cosa può darti in cambio uno che non ha nulla? Mica è come fare un favore all'assessore, che poi magari ti mette il figlio a fare le fotocopie in Comune. O invitare a pranzo un primario, che ci può sempre essere bisogno di saltare qualche coda.
Un eritreo che coda può farti saltare? Quella del cane? Non ha neppure quello.




Mike Hughes, il terrapiattista esperto di razzi a propulsione.


Un blog? Nel 2018? Seriamente?


Sì, sono serissimo.


L'implosione dei social network, che hanno già toccato il loro apice qualche anno fa e che si stanno trasformando in recipienti stagni di squadrismo e bias di conferma, preannuncia una catastrofe della quale si percepisce già l'odore nell'etere virtuale.
Non spariranno, no... Saranno certamente sostituiti da qualcosa di peggiore (come accadde a MySpace con l'avvento di Facebook) e la ruota continuerà a girare, ma mi piace pensare che dalle macerie del web possano rinascere tanti piccoli virgulti che una volta conoscevamo come blog.
Sembra passato un secolo da quando andavamo di proposito a leggere la pagina di qualcuno che ci interessava veramente, il cui modo di pensare e di scrivere ci emozionava, col quale interagivamo attraverso i commenti e raramente (rarissimamente) si ricorreva alla maleducazione e al bullismo virtuale. C'era uno che scriveva, altri che leggevano e, al massimo, facevano domande relative e pertinenti al post. Pensa te.
 
Facebook e Twitter invece ci hanno abituati a flame di massa, segnalazioni, screenshot, gruppi segreti di sberleffo, acredine, operazioni di branco. In parole povere abbiamo in pochi anni trasformato il web in una scuola media.
Che poi è l'ultima che hanno visto in molti, a giudicare da come scrivono... ma questo sarebbe un problema marginale se l'ignoranza fosse vissuta come un margine di miglioramento anziché un'arma da usare in branco contro la minoranza leggermente meno caprona.
Io, come tutti, ho un profilo Facebook. Con un migliaio e spicci di followers di variegata natura. Così capita che alcuni miei post facciano il giro dell'etere e mi ritornino pieni di insulti (non ultimo un post sugli obblighi voluti dallo Stato che ha collezionato 19.000 reazioni e 9000 condivisioni, più ovviamente tutta una serie di commenti degni del miglior bestiario complottista:

Ecco il post.

Bene, mi chiedo come sarebbe andata senza Facebook.
Anche prima si condividevano i post, dai blog e sul proprio blog. Si "adottavano", in un certo senso, assumendosene la responsabilità.
Ma non ricordo sterminate pagine di teoremi strampalati e offese, rimbalzi di link di dubbia provenienza, analfabetismo funzionale a carriole e violenza verbale. Forse il mio post non sarebbe stato visto da quasi 20.000 persone, ma quasi certamente avrebbe polarizzato meno l'odio tra fazioni (come se poi avesse un senso che esistano sempre fazioni avverse, su tutto).
Discutere va bene, ma in certi casi (cioè dove da una parte ci siano dati oggettivi e dall'altra complotti e teoremi indimostrabili) astenersi dalla discussione è quasi un dovere civico.

E quindi, viva i blog e benvenuti del bunker di Post-Atomico, dove in dieci già si sta stretti e se qualcuno scorreggia sarà gentilmente accompagnato fuori, a respirare le radiazioni.


La zebra col complesso di inferiorità

 La storia della letteratura è piena di frasi illustri, da Lev Tolstoj a Bertrand Russell passando per Johann Goethe, che esaltano la mente ...